Tragedia di Lamezia Terme: in 5 a processo per l’alluvione killer

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Giesse Risarcimento Danni segue il risarcimento per incidente stradale mortale di Lamezia Terme 

La notizia del rinvio a giudizio di cinque persone imputate a vario titolo della morte di Stefania Signore e dei suoi due figli, avvenuta nell’incidente mortale a Lamezia Terme durante l’alluvione del 2018, viene riportata sui giornali “Il quotidiano del Sud” e sulla “Gazzetta del Sud“.

Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato in risarcimento a seguito di incidenti stradali, assiste il marito della donna nonché padre dei due bambini. Si attendono ora gli sviluppi del processo penale e l’ottenimento di un risarcimento congruo alla tragedia di Lamezia Terme.

Mamma e figli travolti da fango e detriti, cinque rinvii a giudizio

Processo a febbraio per la tragedia di 3 anni fa

Inizierà il 12 febbraio 2022 il processo per le 5 persone coinvolte a vario titolo nella tragedia del 4 ottobre 2018 quando Stefania Signore e i due figlioletti Cristian e Nicolò di 2 e 7 anni furono travolti da un’ondata di fango e detriti sulla strada provinciale nei pressi di San Pietro Lametino.

Il gip del tribunale di Lamezia, Francesco De Nino, ha infatti rinviato a giudizio – su richiesta dal pm Emanuela Costa – Antonio Condello, 51 anni di Curinga; imprenditore agricolo, Floriano Siniscalco, 51 anni di Girifalco, dirigente della Provincia di Catanzaro, nonché Francesco Paone, 61 anni di Lamezia Terme, Giovanni Antonio Lento, 61 anni di Lamezia Terme e Cesarino Pascuzzo, 63 anni di Lamezia Terme, tutti e tre dipendenti della Provincia di Catanzaro.

Antonio Condello, proprietario del fondo nonché titolare dell’azienda agricola, è accusato di aver scaricato detriti, fango e acqua meteorica sulla provinciale 113; Siniscalco e Paone, dirigenti del settore Trasporti e Viabilità della Provincia, non avrebbero messo in atto tutte le opere che avrebbero potuto evitare gli versamenti di acqua e fango lungo la provinciale e per non aver segnalato ai competenti organi di polizia di verificare se gli interventi straordinari effettuati negli anni 1999 e 2006 avessero risolto il problemi; Giovanni Antonio Lento, Cesarino Pascuzzo, della vigilanza stradale, non avrebbero mai informato i loro responsabili del persistere della problematica dello versamento di acque meteoriche e detriti dai terreni limitrofi alla provinciale.

Si sono costituiti parte civile i familiari di Stefania Signore, tra cui il marito di Stefania e padre di Christian e Niccolò, Angelo Frija, assistito da Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato in incidenti stradali mortali, rappresentato in questa fase dall’avvocato Antonio Perri.

Come si ricorderà, la sera del 4 ottobre 2018, verso 20.15, Stefania alla guida di un’Alfa Mito in compagnia dei suoi due figlioletti, sta percorrendo la provinciale 113 dirigendosi da San Pietro a Maida verso San Pietro Lametino. La pioggia è battente e la strada comincia ad allagarsi.

A un certo punto l’auto sbanda fermando la sua corsa di traverso rispetto alla carreggiata, la donna, notando che l’acqua sta entrando nell’abitacolo, istintivamente cerca di mettere al sicuro i suoi due bimbi abbandonando il veicolo e uscendo dalla portiera sul lato del passeggero ma il forte flusso d’acqua travolge Stefania e i due piccoli.

I corpi di mamma e figlio maggiore vengono ritrovati esanimi di lì a poco, mentre il corpicino del piccolo Niccolò viene rinvenuto solo il 12 ottobre a 500 metri di distanza dal luogo dell’incidente.

«Il rinvio a giudizio ottenuto dal pm è un primo, fondamentale passo per capire cosa sia realmente successo e di chi siano le responsabilità – dichiara il marito e papà Angelo – Oggi ho un po’ più fiducia nella giustizia italiana, spero di non rimanere deluso e che se qualcuno ha sbagliato, paghi per la morte della mia famiglia».

Articolo de “Il quotidiano del Sud“.

Alluvione killer, in 5 a processo

Sono stati rinviati a giudizio Siniscalco, Paone, Lento, Pascuzzo e Condello. Angelo Frija: chi ha sbagliato deve pagare per quanto accaduto alla mia famiglia

Tutti a processo, termina così l’udienza preliminare per le cinque persone indagate per quel mare di fango che due anni e mezzo fa strappò alla vita la giovane mamma Stefania Signore e i suoi piccoli figli Christian e Niccolò di 7 e 2 anni.

Il gup di Lamezia Terme, Francesco De Nino, ha accolto la richiesta del pubblico ministero Emanuela Costa, e ha rinviato a giudizio le 5 persone coinvolte a vario titolo nel tragico incidente che si verificò la notte del 4 ottobre del 2018 lungo la strada provinciale 113 nel comune di San Pietro a Maida.

Si tratta in particolare di Antonio Condello, imprenditore 51enne titolare del terreno nei pressi del quale avvenne il dramma; Floriano Siniscalco, ingegnere 50enne dirigente del settore Viabilità e Trasporti della Provincia di Catanzaro; Francesco Paone (60 anni) funzionario dell’amministrazione provinciale, Giovanni Antonio Lento (60) e Cesarino Pascuzzo (62) che avevano il compito della vigilanza stradale. Tutti devono rispondere di omicidio stradale.

Per loro il processo avrà inizio il 12 febbraio a Lamezia Terme. Il marito di Stefania e padre di Christian e Niccolò, Angelo Frija, assistito da Gisse Risarcimento Danni, gruppo specializzato in incidenti stradali mortali e stato rappresentato in questa fase dall’avvocato Antonio Perri. Nel collegio difensivo compaiono gli avvocati Francesco lacopino, Maria Zaffina, Renzo Andricciola, Maurizio Siniscalco, Lucio Canzioniere e Domenico Francesco Murone.

Per la Procura, guidata dal procuratore Salvatore Curcio, l’Alfa Romeo su cui viaggiavano la 30enne e i suoi due figli fu investita da «un’onda anomala» che si sarebbe formata non solo per la violenza e la quantità della pioggia caduta in quelle ore, ma anche a causa della mancata manutenzione di un terreno e dell’assenza di controlli da parte dei tecnici della Provincia di Catanzaro.

Secondo le ipotesi formulate dagli inquirenti, Condello, proprietario di un terreno che si trova a ridosso della Provincia le 113 fra San Pietro a Maida e San Pietro Lametino, avrebbe «omesso di mantenere le ripe del proprio fondo in modo tale di evitare di scaricare detriti e terra», sulla strada provinciale, dove inoltre avrebbe scaricato, «senza regolare concessione», un «notevole quantitativo di acqua meteorica mista a fango e detriti che, proveniente dai terreni soprastanti dopo essersi accumulata nella depressione del terreno, generatasi in corrispondenza delle tre linee parallele di metanodotto, insistenti in detta proprietà, a causa del taglio del terreno operato per la realizzazione delle tre opere citate, e del passaggio di mezzi meccanici di tipo agricolo», avrebbe formato l’ondata killer.

L’ingegnere Siniscalco (dirigente del Settore viabilità e trasporti della Provincia) e il geometra Paone sono indagati perché secondo la Procura non avrebbero provveduto – dopo alcuni interventi di manutenzione straordinaria del 1999 e del 2006 che attestavano l’esistenza di versamenti laterali sulla provinciale e la necessità di regimentare le acque meteoriche che provenivano dai terreni adiacenti – a segnalare agli organi di polizia le violazioni al codice della strada e per aver «omesso di predisporre ulteriori controlli» per accertare se il problema persistesse, come invece fatto «successivamente agli avvenimenti del 4 e 5 ottobre 2018».

Gli agenti di vigilanza stradale Lento e Pascuzzo, infine, sono indagati per «non aver mai segnalato» la situazione all’allora responsabile, ovvero Paone. Subito dopo il verdetto emesso dal gup del tribunale di Lamezia Angelo Frija, marito di Stefania e padre dei due bambini, ha commentato: «Il rinvio a giudizio ottenuto dal pubblico ministero è un primo, fondamentale passo per capire cosa sia realmente successo e di chi siano le responsabilità. Oggi ho un po’ più fiducia nella giustizia italiana, spero di non rimanere deluso e che se qualcuno ha sbagliato, paghi per la morte della mia famiglia».

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