Giesse Risarcimento Danni ottiene risarcimento per caso di malasanità a Feltre.
La sentenza con cui la Corte di Appello di Venezia ha condannato l’Ulss Dolomiti a un risarcimento quasi milionario per un caso di malasanità a Feltre, viene riportata sui quotidiani “Il Gazzettino“, “Corriere delle Alpi” e “Corriere del Veneto“.
Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato in risarcimento a seguito di casi di malasanità, ha assistito fin da subito la famiglia dell’uomo, morto per una tardiva diagnosi di endocardite acuta.
Trascorsi i termini per un eventuale appello, la sentenza è diventata definitiva.Guarda i servizi nei TG locali:
Ritardo nella diagnosi: Ulss condannata
L’azienda sanitaria dovrà sborsare un risarcimento milionario dopo la morte (a 71 anni) del panettiere di Arsiè Elio Faoro
Ritardo nella diagnosi: l’Ulss Dolomiti condannata a pagare un risarcimento quasi milionario alla famiglia di Elio Faoro, il 71enne di Arsiè morto per una tardiva diagnosi di endocardite acuta.
«Se fosse stato praticato un congruo trattamento della patologia sulla base della diagnosi dell’infezione e della successiva sostituzione della valvola cardiaca, sicuramente il paziente avrebbe avuto una buona possibilità di salvarsi».
È quanto si legge nella sentenza della Corte d’Appello d Venezia che ha confermato quella del Tribunale civile di Belluno, dando così giustizia all’uomo morto ormai dieci anni fa.
Ad assistere la famiglia, Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato in casi di malasanità. Nonostante i numerosi di tentativi – da parte di Giesse – di trovare un accordo in sede stragiudiziale, l’Ulss Dolomiti ha continuato a sostenere la propria tesi arrivando a impugnare anche la sentenza di primo grado.
La Corte d’Appello di Venezia, però, ha ribadito quanto sottolineato dal giudice bellunese mettendo un punto fermo all’intera dolorosa vicenda. Trascorsi i termini per il ricorso, la sentenza è diventata definitiva.
Tutto inizia nel febbraio 2012 quando faoro, affetto da «stenosi aortica, coronopatia ostruttiva e calcolosi biliare», viene sottoposto a un intervento cardiochirurgico per la sostituzione della valvola aortica con protesi meccanica.
Seguono mesi concitati in cui il 71enne entra ed esce dall’ospedale. Nel gennaio 2013, le sue condizioni di salute peggiorano e accede al Pronto Soccorso di Feltre con tosse, febbre alta, difficoltà respiratoria e fibrillazione atriale.
Dagli accertamenti successivi emerge la presenza di setticemia da stafilococco e broncopolmonite bilaterale. I medici cominciano la terapia antibiotica. Faoro sembra stare meglio e viene dimesso.
Ma dopo cinque giorni è costretto a tornare in ospedale. Soltanto il primo marzo, quando la situazione precipita in modo irrimediabile, i medici decidono di eseguire un elettrocardiogramma che consente di diagnosticare un «distacco parziale di protesi aortica da verosimile ascesso periprotesico».
Seguono il trasferimento all’ospedale di Trento, un delicato intervento chirurgico e, il 4 marzo 2013, la morte. Un decesso che aveva lasciato senza parole la comunità di Arsiè, in quanto l”uomo era molto conosciuto sia per la sua professione di panettiere, svolta per quarant’anni, sia per l’impegno nel mondo del volontariato e in particolare nel gruppo alpini di Arsiè e nella protezione civile.
Il tribunale di Belluno – con sentenza del 24 novembre 2019 – ha dichiarato sussistente «il nesso di causa tra l’operato dei sanitari e il decessi di Faoro, in quanto una tempestiva diagnosi di endocardite e un congruo trattamento della medesima avrebbero condotto a un esito positivo».
Conclusioni confermate anche dalla Corte d’Appello di Venezia che ha aggiunto come «la complessità della patologia di cui soffriva il paziente fosse sufficientemente percepibile per l’azienda che avrebbe potuto attuare maggiori cautele in ordine alla prevenzione di possibili morbilità che avrebbero potuto aggravare lo stato di fragilità del paziente».
Il 71enne soffriva infatti di diverse patologie che non avrebbero impedito il buon esito della sostituzione della valvola aortica. «Anzi – chiarisce Gennaro Pisacane, responsabile della sede di Giesse Risarcimento Danni a Belluno – questo intervento, insieme alla temepstiva diagnosi dell’endocardite, gli avrebbero salvato la vita.
Così hanno stabilito i giudici basandosi sulla consulenza tecnica del dottor Beppino Bertuol. Inoltre, è stato dimostrato che la negligenza medica ha causato un ritardo di circa 30 giorni nella formulazione della diagnosi, diventando concausa dell’evento finale».
La Corte d’Appello, quindi, ha confermato il risarcimento nei confronti dei familiari.
Articolo de “Il Gazzettino”
Diagnosi tardiva: maxi risarcimento Ulss
Condanna definitiva in sede civile per l’azienda sanitaria che verserà 800mila euro dopo la morte del panettiere Elio Faoro
Diagnosi in ritardo a Feltre: l’Ulss pagherà 800mila euro. La famiglia di Elio Faoro ha vinto la causa civile contro l’azienda sanitaria. La Corte d’Appello di Venezia ha confermato la sentenza di primo grado del giudice Chiara Sandini, sono trascorsi i termini per il ricorso e il pronunciamento è diventato definitivo.
I familiari del panettiere di via Crociera, impegnato anche nel sociale con il gruppo alpini e la protezione civile, si erano affidati fin da subito ai legali di Giesse Risarcimento danni che, porti di una lunga esperienza in casi di malasanità, avevano tentato più volte di trovare un accordo fuori dalle aule di giustizia, ma l’Ulss ha continuato a sostenere l’innocenza dei medici, salvo poi rendersi conto del fatto che non avrebbe avuto senso andare in Cassazione.
Dieci anni fa Faoro è affetto da stenosi aortica, coronopatia ostruttiva e calcolosi biliare e viene ricoverato all’ospedale di Feltre per essere operato al cuore. L’intervento consiste nella sostituzione della valvola aortica con protesi meccanica.
Quella che c’era non controllava più il passaggio del sangue e comprometteva il corretto svolgimento del ciclo cardiaco. Il decorso post-operatorio sembra procedere, anche se il paziente entra ed esce dall’ospedale. ma nel gennaio 20013 la situazione precipita.
C’è un peggioramento delle condizioni e l’uomo si rivolge al Pronto soccorso con tosse, febbre alta, difficoltà respiratoria e fibrillazione atriale. Gli esami rilevano la presenza di setticemia da stafilococco e broncopolmonite bilaterale.
I medici lo sottopongono a una terapia antibiotica e lo dimettono, ma dopo un iniziale miglioramento la situazione precipita di nuovo e, nel giro di cinque giorni, Faoro, è costretto a tornare in Pronto soccorso.
Solo il primo marzo, quando le condizioni si aggravano inesorabilmente, i medici gli fanno un elettrocardiogramma, che permette di diagnosticare il «distacco parziale di protesi aortica da verosimile ascesso periprotesico».
Un’altra cosa l’endocardite acuta, rispetto alla prima diagnosi. Trasferimento a Trento, intervento chirurgico e il 4 marzo 2013 il decesso. Il 24 novembre 2019 il Tribunale di Belluno ha riconosciuto il nesso di causa tra l’operato dei medici e la morte del paziente, «in quanto una tempestiva diagnosi di endocardite e un adeguato trattamento avrebbero condotto a un esito positivo».
Venezia ha aggiunto che «la complessità della patologia era sufficientemente percepibile per l’azienda sanitaria, che avrebbe potuto attuare maggiori cautele in ordine alla prevenzione di possibile morbilità che avrebbero potuto aggravare lo stato di fragilità».
Giesse si è basata sulla consulenza del dottor Bertuol: «La sostituzione della valvola e una tempestiva diagnosi di endocardite avrebbero salvato la vita a Faoro – sottolinea Gennaro Pisacane – il ritardo di 30 giorni ha avuto esiti fatali».
Articolo del “Corriere delle Alpi”
La diagnosi e le cure in ritardo. Il paziente morì, l’Usl stangata
Elio Faoro, 71 anni di Arsiè, perse la vita dopo oltre un anno di calvario post-operatorio. Dopo il primo grado, anche l’Appello conferma: risarcimento da quasi 800mila euro.
Stangata all’Usl «Dolomiti», costretta a ricorrere all’assicurazione per pagare quasi 800.000 euro di risarcimento a una famiglia di Arsiè.
L’azienda socio-sanitaria ha impugnato la sentenza di primo grado del 2019 del Tribunale civile di Belluno che la condannava, ma la Corte d’Appello di Venezia ha ribadito quanto sottolineato dal giudice bellunese mettendo un punto fermo alla vicenda.
Trascorsi i termini per il ricorso, la sentenza è diventata definitiva. Tutto inizia nel febbraio 2012 quando il 71enne di Arsiè Elio Faoro, affetto da «stenosi aortica, coronopatia ostruttiva e calcolosi biliare», all’ospedale di Feltre viene sottoposto a un intervento cardiochirurgico per la sostituzione della valvola aortica con protesi meccanica.
Seguono mesi concitati in cui il 71enne entra ed esce dall’ospedale. Nel gennaio 2013, però, le sue condizioni di salute peggiorano. Faoro accede al Pronto soccorso di Feltre con tosse, febbre alta, difficoltà respiratoria e fibrillazione atriale.
Dagli accertamenti successivi emerge la presenza si setticemia da stafilococco e broncopolmonite bilaterale. I medici cominciano la terapia antibiotica. Il pensionato sembra stare meglio e viene dimesso.
Ma dopo cinque giorni dalle dimissioni è costretto a tornare in ospedale. Solo l’1 marzo 2013, quando la situazione precipita in modo irrimediabile, i medici decidono di eseguire un elettrocardiogramma che consente di diagnosticare un «distacco parziale di protesi aortica da verosimile ascesso periprotesico».
Seguono il trasferimento del 71enne all’ospedale di Trento, un delicato intervento chirurgico ma, il 4 marzo 2013, la morte. La famiglia si affida a Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato in casi di malasanità, e la vicenda arriva al Tribunale civile di Belluno per una causa di risarcimento danni.
Il 24 ottobre 2019 il giudice civile bellunese Chiara Sandini condanna l’Usl Dolomiti all’indennizzo dichiarando, nella sentenza, sussistente «il nesso di causa tra l’operato dei sanitari e il decesso di Faoro in quanto una tempestiva diagnosi di endocardite e un congruo trattamento della medesima avrebbero condotto a un esito positivo».
Conclusioni confermate anche dalla Corte d’Appello di Venezia alla quale nel 2020 si rivolge con appello l’Usl.
«Se fosse stato praticato un congruo trattamento della patologia sulla base della diagnosi dell’infezione e della successiva sostituzione della valvola cardiaca, sicuramente il paziente avrebbe avuto una buona possibilità di salvarsi» si legge nella sentenza di primo grado.
Gennaro Pisacane, responsabile della sede di Giesse Risarcimento Danni a Belluno, spiega che «questo intervento, insieme alla tempestiva diagnosi dell’endocardite, avrebbe salvato la vita. Così hanno stabilito i giudici basandosi sulla consulenza tecnica di Beppino Bertuol.
Inoltre, è stato dimostrato che la negligenza medica ha causato un ritardo di circa 30 giorni nella formulazione della diagnosi, diventando concausa dell’evento finale».
Laconica la direttrice generale dell’Usl Dolomiti Maria grazia Carraro: «Prendiamo atto della sentenza d’Appello che si riferisce a fatti avvenuti molti anni fa. Il risarcimento sarà coperto dall’assicurazione».
Articolo del “Corriere del Veneto“LINK agli articoli online: