Giesse Risarcimento Danni segue risarcimento per infortunio sul lavoro a Castelfranco Veneto.
Il risarcimento milionario destinato alla famiglia di Roberto Romanò, il 54enne vicentino che perse la vita a causa di un infortunio sul lavoro a Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso, non ha purtroppo mai raggiunto i legittimi titolari.
L’ingente somma è stata infatti riscossa dal datore di lavoro, nonché cognato di Roberto Romanò, e poi fatta sparire. La notizia viene riportata nei quotidiani “Il Gazzettino“, “Corriere del Veneto“, “Il giornale di Vicenza“, “La Tribuna di Treviso“.
Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato in risarcimento a seguito di infortuni sul lavoro, sta aiutando i familiari di Roberto Romanò a recuperare quanto spetta loro di diritto.Guarda il servizio nel TG locale:
Fa sparire un milione della polizza del cognato morto nella sua azienda
La vittima era stata schiacciata da un carico di sassi, il proprietario è accusato di aver incassato i soldi per poi chiudere subito la società
Quel milione di euro era destinato alla famiglia del suo dipendente (nonché cognato), schiacciato da un carico di sassi. Invece lui, titolare dell’azienda, lo ha incassato e fatto sparire.
Come? Chiudendo l’azienda e intestando i beni alla figlia. Di questo viene accusato Dino Trentin, 62enne di Tezze sul Brenta (Vicenza) titolare della ditta Centro Veneziane di Castelfranco Veneto, condannato per l’incidente sul lavoro costato la vita al cognato Roberto Romanò, 54 anni, pure lui di Tezze sul Brenta.
L’operaio aveva perso la vita a marzo del 2018, a Loria, schiacciato tra un muletto e un carico di sassi. Trentin, condannato penalmente venerdì in tribunale a Treviso a 4 mesi di carcere, era già stato condannato un mese fa in sede civile.
Ma secondo lo studio “Giesse risarcimento danni”, che ha seguito le pratiche, avrebbe da tempo fatto sparire l’intero ammontare del risarcimento destinato a moglie, figli, genitori e fratelli della vittima.
In base alle ricostruzioni dello studio specializzato in risarcimenti, il 26 marzo 2019 Trentin, tramite un avvocato di Padova, ha ottenuto dalla compagnia assicuratrice Cattolica assicurazioni il pagamento, direttamente nel conto corrente societario, dell’importo corrispondente al massimale della polizza: un milione di euro.
L’assicurazione ha provveduto al versamento suddividendo nelle quote spettanti a ciascuno dei familiari e precisando che l’ammontare del risarcimento sarebbe stato anche più alto, superiore cioè al massimale sottoscritto.
«Appena due giorni e il maxi-risarcimento, invece di essere doverosamente trasferito ai legittimi destinatari, viene spostato sul conto corrente personale della figlia di Dino Trentin, che non fa parte della compagine societaria» spiegano da Giesse.
«Il 15 aprile le somme vengono trasferite attraverso 6 assegni e 4 bonifici a diversi destinatari, prosciugando l’intero risarcimento. Meno di 10 giorni e la società Centro Veneziane viene cancellata dal registro delle imprese, senza neppure essere stata posta in liquidazione».
Il 25 luglio viene iscritto avanti il tribunale di Treviso, sezione lavoro, il ricorso per l’accertamento delle responsabilità del datore di lavoro per l’incidente mortale sul lavoro.
Pochi giorni più tardi, il 7 agosto, Dino Trentin e la moglie (nonché socia) intestano alla figlia e al suo convivente anche gli immobili di valore più consistente.
Ai familiari di Romanò non arriva nemmeno un centesimo della cifra liquidata a loro favore dall’assicurazione, così decidono di rivolgersi allo studio Giesse, che avvia gli accertamenti.
Scatta una denuncia alla guardia di finanza di Treviso che, in breve tempo, riesce a ricostruire l’intero precorso del milione di euro, fin dal momento dell’accredito sul conto corrente societario.
In base alla documentazione inviata alle Fiamme Gialle direttamente dall’istituto di credito che ha ricevuto la somma dalla compagnia assicuratrice, è stato possibile accertare che, nel volgere di pochi giorni, l’intero milione smistato attraverso assegni o bonifici, destinati principalmente ai legali di Trentin.
Il sequestro conservativo dei beni mobili, immobili e crediti di Dino Trentin arriverà nell’ambito della causa civile, con sequestri disposti su immobili e presso terzi nelle province di Treviso, Padova e Vicenza che però, proprio perché il massimale assicurativo era stato nel frattempo già dirottato altrove, non ha comunque ancora permesso di sequestrare l’ingente somma.
«I familiari non hanno ancora ottenuto un solo euro. È una beffa, dopo la tragedia subita – affermano Claudio Dal Borgo e Beppino Battocchio di Giesse – Continueremo a batterci fino a quando i familiari di Roberto non avranno ottenuto piena, doverosa giustizia».
Articolo de “Il Gazzettino”
Muore operaio, il cognato titolare intasca l’assicurazione
Sottratto un milione alla famiglia della vittima. L’imprenditore condannato anche per il dramma sul lavoro
Ritenuto penalmente responsabile e condannato in sede civile al risarcimento per l’incidente sul lavoro che è costato la vita al cognato, un 62enne di Tezze sul Brenta, Dino Trentin, ha incassato 1 milione di euro dall’assicurazione ma, invece di trasferire la somma agli eredi della vittima, l’ha fatta letteralmente sparire intestando i propri beni alla figlia e chiudendo l’azienda di cui era titolare.
Ha quasi dell’incredibile la storia denunciata dall’agenzia «Giesse Risarcimento Danni» che segue i familiari di Roberto Romanò rimasto vittima nel marzo del 2018 di un dramma all’interno della ditta «Centro Veneziane» di Castelfranco Veneto.
L’uomo, cognato di Trentin, anch’egli di Tezze sul Brenta, allora 54enne, era rimasto schiacciato sotto un grosso sacco di sassi che stava spostando con un muletto.
Una tragedia per la quale il 26 marzo del 2019, Dino Trentin aveva ottenuto dalla Cattolica assicurazioni (con la quale aveva sottoscritto una polizza di responsabilità civile per la sua azienda) il pagamento, direttamente nel conto corrente societario, dell’importo corrispondente al massimale della polizza, pari ad un milione di euro.
Somma, questa, versata dalla compagnia assicuratrice, con tanto di indicazioni sulla suddivisione del risarcimento spettante a ciascuno dei familiari di Roberto Romanò e con la precisazione che l’ammontare reale del risarcimento sarebbe stato anche superiore al massimale sottoscritto.
Ma due giorni dopo l’arrivo del milione di euro in conto succede qualcosa. Il maxi-risarcimento, invece di essere trasferito ai legittimi destinatari, viene spostato sul conto corrente personale della figlia di Dino Trentin, completamente estranea alla ditta del padre.
Non solo: meno di un mese dopo, il 15 aprile, quel milione di euro passa ancora di mano: la somma viene trasferita con 6 assegni e 4 bonifici a diversi destinatari, arrivando così prosciugare l’intero risarcimento.
Contemporaneamente la ditta «Centro Veneziane» viene cancellata dal registro delle imprese, senza neppure essere stata posta in liquidazione.
Nel frattempo, però, la giustizia fa il suo corso e il 25luglio viene iscritto avanti il Tribunale di Treviso, sezione lavoro, il ricorso per l’accertamento della responsabilità del datore di lavoro per la morte di Roberto Romanò.
Pochi giorni più tardi, il 7 agosto, Dino Trentin e la moglie, socia accomodante della società «Centro Veneziane», intestano alla figlia e al suo convivente anche gli immobili di loro proprietà.
Non avendo ricevuto nemmeno un centesimo di risarcimento, la famiglia di Romanò, sporge denuncia alla Guardia di Finanza di Treviso che riesce a ricostruire l’intero percorso del milione di euro.
Stando a quanto emerso, erano bastati pochi giorni a Trentin per depositare la somma in diversi conti correnti: in buona parte il denaro era stato trasferito ad uno dei suoi avvocati, residente nel padovano, che avrebbe ricevuto ben 874.852 euro.
Il resto della somma, invece, sarebbe stato suddiviso tra la società «Centro Veneziane» (23mila euro), lo stesso Dino Trentin (80.502 euro), una Srl e altri avvocati dell’imprenditore.
Un mese fa, lo scorso 15 ottobre, il Giudice Giulia Civiero, a conclusione del procedimento civile, ha condannato Trentin e la «Centro Veneziane» al pagamento di 1 milione e 300mila euro in quanto ritenuti responsabili dell’incidente che è costato la vita a Romano. Dal 2018 ad oggi, però, i familiari del 54enne non hanno ottenuto un euro di risarcimento per la perdita del loro caro.
«È la prima volta in 30 anni di attività – sottolineano i titolari di Giesse Risarcimento Danni – che assistiamo ad una vicenda simile che oltre alla questione economica vede implicate anche una delicata vicenda familiare».
Per gli eredi di Roberto Romanò, una vera e propria beffa, costretti, dopo la tragedia che ha tolto loro, imprecisamente, la colonna portante della famiglia, a rincorrere da anni un risarcimento dovuto e sottratto ingiustamente da parenti.
Articolo del “Corriere del Veneto”
Condannato a risarcire, fa sparire un milione
L’impresario Trentin si sarebbe intascato i soldi della polizza destinati al cognato e dipendente, morto in un infortunio sul lavoro
Il datore di lavoro condannato per la morte del cognato, nonché suo dipendente, ha incassato ben 1 milione di euro elargito dall’assicurazione, destinato al risarcimento dei familiari, tra cui appunto anche la sorella e i nipoti.
Per “blindare” il denaro nelle sue tasche, ha pensato bene di intestare la ditta e i beni alla figlia, tenendosi così l’intero ammontare del risarcimento. Oltre alla condanna penale per la tragedia, è arrivata anche la sentenza del tribunale civile, che ha condannato l’imprenditore al risarcimento di 1,3 milioni ai familiari della vittima.
Al centro della triste vicenda familiare c’è Dino Trentin, 62 anni, di Tezze sul Brenta, ex titolare della ditta Centro veneziane di Castelfranco. Ditta in cui nel marzo 2018 ha perso la vita Roberto Romanò, 54enne, anch’egli di Tezze, dipendente e cognato di Trentin, morto schiacciato sotto il carico di diversi quintali di pietre.
Trentin, condannato giovedì in sede penale a 4 mesi di reclusione dal giudice Carlotta Brusegan del tribunale di Treviso, e già condannato un mese fa anche in sede civile dal giudice Giulia Civiero, ha però da tempo fatto sparire l’intero ammontare del risarcimento destinato a moglie, figli, genitori e fratelli di Romanò.
Tutto ha avuto inizio il 26 marzo 2019, quando l’imprenditore, tramite il suo legale, ha ottenuto dalla compagnia assicuratrice Cattolica assicurazioni il pagamento dell’importo corrispondente al massimale della polizza, pari appunto a 1 milione di euro.
Lo ha fatto legittimamente, in qualità di contraente della polizza, sottoscritta a copertura di incidenti come quello in cui ha perso la vita suo cognato Roberto.
Dopo appena due giorni, il maxi-risarcimento, invece di essere doverosamente trasferito ai legittimi destinatari, è stato spostato sul conto corrente personale della figlia di Dino Trentin, non facente parte della società.
Di lì a poco la somma è stata suddivisa e trasferita a diversi destinatari, prosciugando l’intero risarcimento, quindi la società Centro Veneziane è stata cancellata dal registro delle imprese, con Dino Trentin e la moglie che hanno intestato alla figlia e al suo convivente anche gli immobili di più consistente valore.
Nel frattempo i familiari di Romanò, ancora immersi nel dolore per la perdita del proprio caro, non hanno ricevuto nemmeno un euro. Increduli per l’evolversi della situazione, si sono rivolti a Giesse risarcimento danni, gruppo specializzato nel risarcimento di gravi incidenti sul lavoro.
Tramite i legali fiduciari della società, è stata immediatamente sporta una denuncia alla guardia di finanza di Treviso, che è riuscita a ricostruire l’intero percorso del milione di euro: è stato possibile accertare che, nel giro di pochi giorni, l’intero milione è stato smistato attraverso assegni o bonifici, in gran parte a uno degli avvocati di Dino Trentin, che ha ricevuto quasi 875mila euro.
Lo scorso mese, il 15 ottobre, alla conclusione del procedimento civile, il giudice Giulia Civiero, del Tribunale di Treviso, ha condannato la datrice di lavoro Centro Veneziane e per essa Dino Trentin al pagamento di un risarcimento di 1,3 milioni di euro per il decesso di Romanò, famiglia che ora potrà avere il ristoro dovuto.
Articolo de “Il giornale di Vicenza”
Morto sul lavoro, il titolare fa sparire il maxi-risarcimento destinato ai familiari
Romanò perse la vita a marzo 2018. L’imprenditore Trentin ha incassato 1 milione di assicurazione e l’ha girato alla figlia
Ha incassato e tenuto 1 milione di euro di risarcimento destinato ai familiari della vittima.
È quanto attribuito a Dino Trentin, il 62enne di Tezze sul Brenta titolare della ditta Centro Veneziane di Castelfranco Veneto, condannato dal tribunale di Treviso per l’incidente sul lavoro costato la vita, nel marzo 2018, al cognato Roberto Romanò, 54enne di Tezze sul Brenta.
Condannato in sede penale a 4 mesi di reclusione dal giudice Carlotta Brusegan, e già condannato un mese fa anche in sede civile dal giudice Giulia Civiero, Trentin «ha però da tempo fatto sparire l’intero ammontare del risarcimento destinato a moglie, figli, genitori e fratelli di Roberto Romanò – per un totale di 1.000.000 di euro», affermano dalla Giesse Risarcimenti che assiste la famiglia di Romanò.
Il 26 marzo 2019 Dino Trentin ha ottenuto dalla Cattolica assicurazioni, con la quale aveva sottoscritto una polizza di responsabilità civile per la sua azienda, il pagamento, direttamente nel conto corrente societario, dell’importo corrispondente al massimale della polizza, pari appunto a un milione di euro.
Lo fa legittimamente, in qualità di assicurato e contraente della polizza, sottoscritta a copertura di incidenti come quello in cui ha perso la vita suo cognato Roberto, rimasto schiacciato sotto un grosso sacco di sassi.
L’importo viene versato dalla compagnia assicuratrice, che vi provvede riportando la suddivisione del risarcimento spettante a ciascuno dei familiari di Roberto Romanò e «precisando che l’ammontare reale del risarcimento sarebbe stato anche più alto, superiore cioè al massimale sottoscritto».
Appena due giorni e il maxi-risarcimento, invece di essere trasferito ai legittimi destinatari, viene spostato sul conto corrente personale della figlia di Dino Trentin, non facente parte della compagine societaria.
Di lì a poco, il 15 aprile, le somme vengono trasferite attraverso 6 assegni e 4 bonifici a diversi destinatari, prosciugando l’intero risarcimento. Meno di 10 giorni e la società Centro Veneziane viene cancellata dal registro delle imprese, senza neppure essere stata posta in liquidazione.
Il 25 luglio viene iscritto avanti il Tribunale di Treviso, sezione lavoro, il ricorso per l’accertamento della responsabilità del datore di lavoro per la morte di Roberto Romanò.
«Pochi giorni più tardi, il 7 agosto, Dino Trentin e la moglie (socia accomodante della società Centro Veneziane) intestano alla figlia e al suo convivente anche gli immobili di più consistente valore», continua la nota della Giesse.
Nel frattempo, i familiari di Roberto Romanò, ancora immersi nella tragedia per la perdita improvvisa del proprio caro, non ottengono neppure un solo euro del risarcimento liquidato dalla compagnia assicuratrice a loro favore.
Increduli per l’evolversi della situazione, si rivolgono a Giesse risarcimento danni. Tramite i legali fiduciari della società, viene sporta una denuncia alla Guardia di Finanza di Treviso che, in breve tempo, riesce a ricostruire l’intero percorso del milione di euro, fin dal momento dell’accredito sul conto corrente societario.
«In base alla documentazione inviata alle Fiamme Gialle direttamente dall’istituto di credito che ha ricevuto la somma dalla compagnia assicuratrice, è stato possibile accertare che, nel volgere di pochi giorni, l’intero milione è stato smistato attraverso assegni o bonifici e, in gran parte, a uno degli avvocati di Dino Trentin.
Che riceve ben 874.852 euro. 23.000 euro vengono riversati sul conto della società Centro Veneziane, che verrà poi cancellata pochi giorni dopo; 80.502 euro vengono ritrasferiti a favore dello stesso Dino Trentin. Altri importi minori (6.100 euro, 9.832 euro e 5.982 euro) vengono infine elargiti a favore di altri avvocati di Trentin e di una srl», continua la nota della Giesse.
La Guardia di Finanza chiede subito l’emissione all’autorità giudiziaria di un ordine di esibizione o un decreto di sequestro. Il sequestro conservativo dei beni mobili, immobili e crediti di Dino Trentin arriverà nell’ambito della causa civile, con sequestri disposti su immobili e presso terzi nelle province di Treviso, Padova e Vicenza che però, proprio perché il massimale assicurativo era stato nel frattempo già dirottato altrove, non ha comunque ancora permesso di sequestrare l’ingente somma.
Lo scorso mese, il 15 ottobre, alla conclusione dello stesso procedimento civile, il giudice Giulia Civiero ha condannato la datrice di lavoro Centro Veneziane e Dino Trentin al pagamento di un risarcimento di 1,3 milioni di euro.
«È la prima volta in 30 anni di attività in questo settore che assistiamo, davvero molto tristemente, ad una situazione del genere – sottolineano Claudio Dal Borgo e Beppino Battocchio di Giesse Risarcimento danni – Nonostante l’evidenza dei fatti e i successi processuali, ad oggi i familiari non hanno ancora potuto ottenere un solo euro di risarcimento.
Una vera beffa dopo l’immane tragedia già subita. Inutile sottolineare che il fatto che siano coinvolti i parenti stessi della vittima ha e sta tuttora provocando ai familiari di Roberto, che hanno improvvisamente perso la colonna della propria famiglia, un ulteriore dramma, aggravando una situazione già di per sé stessa devastante.
Attraverso i nostri legali fiduciari stiamo comunque promuovendo ogni ulteriore e possibile azione e continueremo a farlo fino a quando i familiari di Roberto non avranno ottenuto piena, doverosa giustizia».
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