VILLA BARTOLOMEA. L’incidente avvenuto 10 anni fa all’alba. Il tribunale ha stabilito che il guidatore di una Toyota non aveva rispettato la distanza di sicurezza dal ciclista
Travolto in bici: un milione e mezzo di danni
È il risarcimento a un uomo che ha subìto il 95 per cento di invalidità «Il suo stato di ebbrezza meno grave della condotta dell’automobilista»
Resta immobile sulla sedia, sempre zitto, se gli parli annuisce, ma non si sa se ha capito quello che gli stai dicendo. Da anni, un uomo vive così, poco più che vegetale. Vive così da quel giorno di dieci anni fa, quando venne travolto da un’auto mentre pedalava sulla sua bicicletta. Una signora tutte le mattine va ad accompagnarlo a camminare all’aria aperta, fanno piccoli passi sotto braccio e lui ne sembra felice.
LA FAMIGLIA. Per tutto il resto del tempo viene assistito dai familiari: la moglie per stargli sempre accanto ha lasciato il lavoro e anche i figli sono sempre molto presenti: l’intera famiglia si è stretta attorno a lui, non lo lasciano un solo attimo. Dopo essere stati risarciti, i familiari hanno potuto acquistare un’abitazione accessibile, che permette di spostare e accudire l’uomo con più facilità.
LA SENTENZA. Il Tribunale di Milano ha condannato al pagamento di oltre 1 milione e mezzo di euro un automobilista veronese che nel gennaio 2010, a Villa Bartolomea, aveva investito un ciclista causandogli gravissime lesioni personali permanenti. È quanto stabilito dal giudice della dodicesima sezione civile Ada Favarolo che ha accolto le istanze dei familiari dell’uomo avanzate dai legali fiduciari di Giesse risarcimento danni di San Bonifacio, gruppo specializzato nel risarcimento di gravi incidenti stradali.
L’INCIDENTE. Erano da poco passate le 6.30 dell’11 gennaio 2010. L’uomo stava percorrendo via Matteotti, a Villa Bartolomea, in sella alla sua bicicletta. Procedeva sul bordo destro della carreggiata verso il centro abitato quando alle sue spalle era sopraggiunta una Toyota Yaris con alla guida un automobilista di 42 anni. Tutto era avvenuto in pochi secondi: in prossimità di una leggera curva a destra, l’automobilista in fase di sorpasso della bicicletta l’aveva improvvisamente tamponata con il lato destro frontale dell’auto. Il ciclista, caricato sul parabrezza e poi scagliato violentemente a terra, era subito apparso in condizioni multo serie. L’investitore si era correttamente fermato per prestare soccorso, allertando il 118, che poco dopo aveva soccorso l’uomo trasportandolo d’urgenza all’ospedale civile di Legnago.
LA RESPONSABILITA. In ospedale, come di prassi, anche il ciclista era stato sottoposto ad accertamenti, nel suo sangue era stato così rilevato un tasso alcolemico pari a 1,94. Le sue condizioni di salute si sono in seguito stabilizzate,
ma dal giorno dell’incidente la sua vita è cambiata, con un’invalidità riconosciuta del 95 percento. Data l’assenza di testimoni oculari sul luogo dell’incidente, per ricostruire l’esatta dinamica che ha portato all’incidente il giudice del tribunale ha nominato un consulente tecnico.
LA COLPA. Dalla perizia è emerso che l’automobilista non aveva mantenuto una distanza di sicurezza adeguata nella fase di sorpasso del ciclista che, d’altra parte, non aveva le luci posteriori accese che ne avrebbero sicuramente favorito la visibilità. Il giudice ha pertanto attribuito un minimo concorso di colpa al ciclista per essersi dimostrato imprudente, ritenendo però ben più grave la condotta dell’automobilista al volante della Toyota, al quale è stato attribuito 1’80 per cento della responsabilità dell’incidente.
IL RISARCIMENTO. «Le conseguenze che l’incidente ha lasciato sul nostro assistito sono state devastanti per lui e
per tutta la sua famiglia: da quel giorno non è più una persona autosufficiente, è inabile per qualsiasi attività lavorativa e non è più in grado di svolgere neanche la più banale azione quotidiana», spiegano Fausto Sgarbi e Roberto
Oliviero, responsabili della sede Giesse di San Bonifacio.
IL COMMENTO. «Arrivare a questo importante risarcimento è stato un cammino lungo e difficile, inizialmente era stato persino condannato in sede penale perché, al momento dell’incidente, era in stato di ebbrezza», aggiungono Sgarbi e Oliviero. «Soltanto un certosino lavoro portato avanti dai nostri periti e tecnici ricostruttivi ha potuto in seguito far emergere, in sede civile, che lo stato alterato non ha tutta via pregiudicato il corretto comportamento tenuto in strada dal ciclista e che la quasi totalità della responsabilità per l’incidente andava quindi attribuita all’automobilista. Il giudice del tribunale di Milano ha riconosciuto la nostra tesi e ha condannato l’assicurazione Axa a questo giusto e doveroso maxi risarcimento», concludono gli avvocati del ciclista veronese.
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