Incidente mortale pedone Pescara

Fuggì dopo aver travolto bracciante: chiesti i danni

Civitaquana, parte civile l’associazione vittime della strada

 

È stata rinviata a marzo l’udienza preliminare che si è svolta ieri mattina, nei confronti di un 43enne di Montesilvano, D.D.J., che la notte del 9 luglio 2019 travolse e uccise con un furgone aziendale un bracciante originario della Nuova Guinea, Mamadou Thiana Diallo, che stava camminando sulla strada 602, nel territorio di Civitaquana.

Il rinvio a marzo è legato alla citazione della compagnia assicurativa, responsabile civile. A rintracciare il 43enne e a denunciarlo furono, nel giro di poche ore, i carabinieri della compagnia di Penne, dopo il ritrovamento del corpo della vittima tra gli arbusti, sul ciglio della strada, il pomeriggio del 10 luglio.

Quella di Mamadou è stata «una fine orribile», hanno commentato i familiari attraverso Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato in materia di risarcimento danni e responsabilità civile. I parenti del giovane chiedono a gran voce «che sia fatta giustizia» per la morte di Mamadou e parlano del bracciante come di «un gran lavoratore, sempre sorridente e disponibile con tutti. Non meritava quella morte», aggiungono i familiari che si sono costituiti parte civile nel processo assieme all’Associazione italiana vittime della strada (Aifvs).

Nella richiesta di rinvio a giudizio per omicidio stradale il pubblico ministero Marina Tommolini ha ricostruito così i fatti della sera dell’investimento, quando Mamadou stava tornando a casa dopo aver cenato e guardato la tv con alcuni amici nel Centro di accoglienza. Stava camminando in contrada Vicenne quando è stato travolto e abbandonato lì. In quegli istanti, per il pm, il conducente del furgone era «impegnato in una conversazione telefonica con la fidanzata e procedeva con una velocità non adeguata alle condizioni della strada che in quel tratto è priva di illuminazione, tanto che improvvisamente ha perso il controllo dell’autocarro e investito il giovane Mamadou, nonostante avesse avuto lo spazio ed il tempo necessario per evitare l’impatto».

Dopo l’investimento l’automobilista avrebbe compiuto due inversioni di marcia, come ricostruito attraverso le telecamere di un distributore, per passare nuovamente nel punto dell’incidente: a terra c’erano il borsello di Mamadou e lo specchietto retrovisore del furgone. L’investitore avrebbe poi riportato il furgone sul piazzale della ditta di Tortoreto per cui lavorava. E il giorno dopo avrebbe giustificato i danni al suo responsabile simulando che durante la notte ignoti avessero forzato il cancello dell’azienda per rubare il furgone, usarlo e riportarlo nel piazzale con danni visibili nella parte anteriore destra. A ritrovare il corpo furono gli amici della vittima, che ne avevano perso le tracce.

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