Giesse Risarcimento Danni segue risarcimento per caso di malasanità a Belluno.
Il giudice per le indagini preliminari Elisabetta Scolozzi ha chiesto nuove indagini per il caso di Davide Bristot, il 18enne di Sedico morto per un presunto caso di malasanità all’ospedale di Belluno.
La notizia viene riportata nei quotidiani “Corriere del Veneto“, “Corriere delle Alpi“, “Il Gazzettino“.
Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato nella tutela dei familiari delle vittime di malasanità, assiste i genitori del ragazzo.Guarda il servizio nei TG locali:
Morte di Davide, il gip non archivia. Il consulente: «Rischi sottovalutati»
Bristot morì a 18 anni per arresto cardiaco. Indagato il medico del pronto soccorso
Riaperta l’inchiesta sul caso di Davide Bristot, il diciottenne pallavolista di Sedico morto a casa sua nella notte tra il 13 e il 14 luglio 2021 dopo esser stato visitato e dimesso dal medico del Pronto Soccorso di Belluno, unico indagato per la sua morte.
Il giudice per le indagini preliminari Elisabetta Scolozzi ha respinto per la seconda volta la richiesta di archiviazione avanzata dal pm, con un’ordinanza in cui si sottolinea che «Davide non poteva essere dimesso dopo solo un’ora dal suo ingresso, senza esami o altri controlli».
Assegnati al pubblico ministero Simone Marcon 4 mesi per un nuovo approfondimento medico legale.
«Il giudice, anche grazie al lavoro svolto dal nostro legale Chiara Tartari, ha deciso di riaprire le indagini per la seconda volta – spiega Nicola Barchet, presidente di Giesse Risarcimento Danni – Non era un atto dovuto, anzi: significa che, in fase di indagine, alcune questioni non sono state chiarite e necessitano di ulteriori accertamenti».
Davide Bristot è morto per un arresto cardiocircolatorio secondario ad aritmia cardiaca maligna. La tragedia si è consumata in casa, verso le 6 del mattino, con alcuni dei sintomi riscontrati la sera precedente in Pronto Soccorso.
Uno dei punti fondamentali dell”ordinanza riguarda le dimissioni di Davide Bristot che, secondo il gip, non potevano essere rilasciate senza esami o altri controlli, dato che il ragazzo (a cui era stato assegnato un codice arancione) non riusciva a reggersi in piedi, tanto da essere fatto distendere su una barella.
Per quanto riguarda la condotta del medico che visitò Davide Bristot, il giudice ha ripreso le considerazioni del consulente tecnico del pm, ossia il medico legale Antonello Cirnelli:
«Il medico non ha identificato il problema del Bristot ed i rischi ad esso connessi; nel contempo questi nulla ha operato, in modo completo e risolutivo, perché ciò avvenisse (…) ha omesso di verificare la condizione ematochimica del ragazzo, nonostante sapesse che questi per un intero pomeriggio non si fosse idratato (…) demandando poi ad altri l’esecuzione di ulteriori controlli senza avanzare alcuna ipotesi diagnostica».
I nuovi accertamenti chiesti dal gip, su cui sarà fondamentale il parere di un cardiologo dovrà verificare se «il trattamento in ospedale di Davide Bristot la sera del 13 luglio 2021 avrebbe consentito di intervenire tempestivamente e in maniera mirata sull’aritmia cardiaca maligna constatata e, in caso positivo, se l’intervento dei medici avrebbe potuto salvargli la vita».
Articolo del “Corriere del Veneto”
Il giudice: «Si indaghi ancora sulla morte di Davide Bristot»
Il giudice ordina alla procura di accertare se un ricovero avrebbe potuto salvarlo
La Procura indaghi ancora sulla morte di Davide.
Sciolta la riserva sul caso Bristot: il giudice per le indagini preliminari Elisabetta Scolozzi ha accolto anche la seconda opposizione all’archiviazione della famiglia del 18enne di Sedico morto in casa, nel luglio dello scorso anno, dopo essere stato dimesso dal Pronto soccorso dell’ospedale San Martino di Belluno.
Nell’inchiesta per omicidio colposo, che coinvolge il medico bellunese A.B., stavolta il Tribunale di Belluno ha indicato anche l’ambito d’indagine al pubblico ministero Simone Marcon: bisogna capire se un eventuale ricovero in ospedale avrebbe potuto salvare la vita ad un ragazzo, che era sano ed è morto per arresto cardiocircolatorio, dovuto a un’aritmia cardiaca maligna.
Questo perché il giovane pallavolista non è morto subito dopo il ritorno con i genitori nell’abitazione di Sedico, ma verso le 6 del mattino del 14 luglio. È stato male e ne esistono le prove: è stato in bagno, prima di perdere la vita ed essere trovato ai piedi del suo letto dalla madre.
Nella sua ordinanza, il giudice scrive che «il paziente non poteva essere dimesso dopo solo un’ora dal suo ingresso, senza esami o altri controlli», cosa che invece è successa.
Era un codice arancione ed è stato fatto un prelievo del sangue, ma quella provetta non solo non è stata esaminata ma è stata anche buttata via. Quattro mesi per i nuovi accertamenti, nei quali dovrà avere un ruolo decisivo un cardiologo.
Al termine di questa fase, lo stesso Marcon dovrà decidere se esercitare l’azione penale e chiedere il processo al medico oppure avanzare per la terza volta la domanda di archiviazione, passando di nuovo la parola al gip.
Il medico è difeso da Massimiliano Paniz. La famiglia Bristot si è affidata all’avvocato Chiara Tartari e a Giesse Risarcimento danni.
«Davide era un ragazzo sano e questo è stato certificato da tutti gli elettrocardiogrammi, ai quali è stato sottoposto, nel corso degli anni», sottolinea Tartari, «quel giorno aveva fatto sport, anche se non a livello agonistico, con gli amici ed è stato portato in Pronto soccorso per i sintomi che accusava, a cominciare da un forte mal di testa.
È necessario sapere se un ricovero l’avrebbe salvato e con quale percentuale. Dovesse emergere che c’erano poche speranze, il discorso cambierebbe, ma per noi il medico ha delle responsabilità e questo l’ha riconosciuto anche il medico legale Antonello Cirnelli».
Chiara la posizione di Nicola Barchet di Giesse «Non era un atto dovuto quello del giudice, anzi: significa che, in fase di indagine, alcune questioni non sono state chiarite e necessitano di ulteriori accertamenti. La speranza è che si riesca a mettere un punto fermo sulla dolorosa vicenda e su eventuali responsabilità».
Articolo del “Corriere delle Alpi”
Morì dopo la visita: «Indagate ancora»
Il giudice ordina alla procura un nuovo approfondimento medico legale per capire se il 18enne di Sedico dimesso dall’ospedale poteva essere salvato
È stata riaperta l’inchiesta sul caso “Bristot”, il 18enne di Sedico morto a casa sua nella notte tra il 13 e il 14 luglio 2021 dopo esser stato visitato e dimesso dal medico del Pronto Soccorso di Belluno (unico indagato per la morte del ragazzo).
Il giudice delle indagini preliminari ha bocciato per la seconda volta la richiesta di archiviazione del pubblico ministero e ha ordinato nuovi accertamenti.
Il sostituto procuratore avrà quattro mesi di tempo per capire cos’è accaduto a Davide Bristot. Una morte per la quale venne aperta un’inchiesta per omicidio colposo a carico di A.B., il medico del Pronto soccorso dell’ospedale di Belluno difeso dallo studio Paniz: mandò a casa il 18enne dopo averlo visitato.
Il quesito cardine è chiaro: trattenere il ragazzo in ospedale quella notte avrebbe consentito di intervenire tempestivamente e in maniera mirata sull’aritmia cardiaca maligna constatata?
Con un’ordinanza precisa e dettagliata, il giudice per le indagini preliminari Elisabetta Scolozzi ha ripercorso i momenti chiave di quella tragedia – sottolineando, ad esempio, che «Davide non poteva essere dimesso dopo solo un’ora dal suo ingresso, senza esami o altri controlli» e ha ordinato al pubblico ministero Simone Marcon un nuovo approfondimento medico-legale.
Era il 29 novembre scorso quando si svolse l’udienza di fronte al giudice per le indagini preliminari, che alla fine della discussione si riservò la decisione. Dopo 22 giorni il provvedimento.
«Il giudice, attraverso un’attenta analisi del caso e grazie anche al lavoro svolto dal nostro legale fiduciario Chiara Tartari, ha deciso di riaprire le indagini per la seconda volta – spiega Nicola Barchet, presidente di Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato nella tutela dei familiari delle vittime di casi di malasanità».
«Non era un atto dovuto, anzi: significa che, in fase di indagine, alcune questioni non sono state chiarite e necessitano di ulteriori accertamenti. La nostra speranza è che, nei prossimi quattro mesi di indagini, si riesca a mettere un punto fermo sull’intera dolorosa vicenda e su eventuali responsabilità».
Davide Bristot, come riconosciuto da tutti i consulenti e ripreso dal gip nell’ordinanza, è morto per un arresto cardiocircolatorio secondario ad aritmia cardiaca maligna.
La tragedia si è consumata in casa, verso le 6 del mattino, con alcuni dei sintomi riscontrati la sera precedente in Pronto Soccorso. Uno dei punti fondamentali dell’ordinanza riguarda le dimissioni di Davide Bristot che, secondo il gip, non potevano essere rilasciate così presto, senza esami o altri controlli.
All’ingresso in Pronto Soccorso, infatti, gli era stato assegnato un codice arancione e, vista la difficoltà del ragazzo a reggersi in piedi, il personale sanitario l’aveva fatto distendere su una barella.
Per quanto riguarda la condotta del medico che visitò Davide Bristot, il giudice ha ripreso le considerazioni del consulente tecnico del pubblico ministero, ossia il medico legale Antonello Cirnelli:
«Il medico non ha identificato il problema del Bristot ed i rischi ad esso connesso; nel contempo questi nulla ha operato, in modo completo e risolutivo, perché ciò avvenisse», «ha omesso di verificare la condizione ematochimica del ragazzo, nonostante sapesse che questi per un intero pomeriggio non si fosse idratato», «demandando poi ad altri l’esecuzione di ulteriori controlli senza avanzare, dal canto suo, la benché minima ipotesi diagnostica».
I nuovi accertamenti chiesti dal giudice delle indagini preliminari, su cui sarà fondamentale il parere di un cardiologo (o altro specialista ritenuto necessario dal pm), dovrà verificare se «il trattenimento in ospedale di Davide Bristot la sera del 13 luglio 2021 avrebbe consentito di intervenire tempestivamente e in maniera mirata sull’aritmia cardiaca maligna constatata e, in caso positivo, se l’intervento dei medici avrebbe potuto impedire – con probabilità non solo statistica, ma anche logica (indicandone, eventualmente, l’entità percentuale) la morte cardiaca improvvisa da aritmia maligna».
Si torna davanti al giudice fra quattro mesi, dunque.
Articolo de “Il Gazzettino“LINK agli articoli online: